Il Carnevale di Mamojada

Il Carnevale di Mamojada è senz’altro il più celebre dei carnevali sardi, e tra i carnevali barbaricini (che hanno più o meno tutti la stessa matrice) è quello che ha una sintesi teatrale più compiuta, rendendolo uno dei più affascinanti e misteriosi della Sardegna, con le sue maschere inquietanti e alla misteriosa danza che esse mettono in scena.

La pantomima di questo carnevale prevede due personaggi:

I Mamuthones [zor Mamut̪ònese]: Sul viso portano sa bisera [za bizera], maschera nera di legno di forma antropomorfa dall’espressione sofferente o impassibile e un po’ lugubre: Le labbra, il naso e gli zigomi sono molto pronunciati per nascondere e trasfigurare le sembianze umane. In testa portano su bonete [zu bonete], copricapo maschile, e su muncadore [zu muncadore], fazzoletto femminile, marrone o granata. Sulle spalle indossano sas peddes [zar péɖɖese], cioè una mastruca di pelli di pecora indossata sopra un abito di fustagno o velluto (su belludu [zu belludu); calzano sos cusinzos [zor ʔuzìnʣozo], i classici scarponi del pastore. Sulle spalle portano inoltre sa carriga [za carriga]: 30 chili di campanacci (su ferru [zu  verru],) tenuti insieme da un intreccio di cinghie di cuoio. Appesi al collo un grappolo di campanelle più piccole (sas campaneddas [zar ʔampanèɖɖaza]), legate insieme da cinghie di cuoio.

Sos Issocadores [zor Issoʔadòrese]: indossano sa camisa [za ʔamiza] , una camicia di lino, una giubba di panno rosso su curitu [zu ɣuritu]: e portano a tracolla una cintura di cuoio ornato con broccato e alcuni sonagli d’ottone o bronzo sos sonajolos [zor sonajòlozo] . I calzoni bianchi su cartzone [zu carʦone] sono di tela o lino e vengono infilati dentro le ghete d’orbace sas cartzas [zar càrʦaza] . Completano l’abbigliamento uno scialle femminile triangolare s’issalleto [s’issalleto], annodato sui fianchi; sa berrita [za berrita], antico copricapo del vestiario sardo maschile, sostenuta da un fazzoletto colorato annodato sotto il mento; sa fune de resta [za vune ‘e resta] o sa soca [za zoʔa], un lazo di giunco che da il nome al personaggio. Sul viso gli Issocadores portano una maschera bianca in legno, dalla forma antropomorfa un po’ androgina, dall’espressione severa, a volte dal sorriso enigmatico.

La vestizione

Vestire da Mamuthone non è un gioco, è una vera e propria vocazione. Chi mette i panni del Mamuthone o dell’Issocadore è consapevole di essere parte di una rappresentazione che ha un significato condiviso da tutta la comunità. Per i mamojadini questa non è una carnevalata, è una vera e propria cerimonia solenne. Chi veste da Mamuthone non può vestire da Issocadore.

Durante la vestizione dei Mamuthones si respira un’aria frenetica, tesa ma gioiosa. L’operazione è compiuta da due persone: una di esse sistema sa carriga sulle spalle, l’altra sas campaneddas. Tutta questa agitazione termina quando il Mamuthone, appena vestito, fa risuonare i campanacci con vigore, per verificare che le cinghie siano ben strette e anche per scaricare la tensione. Quindi indossa sa bisera, su bonete e su mucadore.

Per la vestizione de s’Issocadore non serve l’aiuto di altre persone: s’inumidische sa soca che si fa roteare più volte perché prenda la forma giusta per il lancio. Infine s’indossa la bandoliera dei sonajolos a tracolla e s’issalleto, legandolo al fianco sinistro.

La rappresentazione

Terminata la vestizione, i Mamuthones si dispongono su due file da sei: sono dodici come i mesi dell’anno. Di solito gli Issocadores sono invece otto. Rispetto agli altri carnevali barbaricini, dove la vittima è solo una, qui è rappresentata da dodici elementi.

Quando gli Issocadores danno il via, i Mamuthones, in un silenzio carico di tensione, mettono in scena una danza sacra e malinconica. Si muovono su due file parallele, guidati dagli issocadores: il loro è un passo (su passu) complesso e difficile che devono imparare fin da bambini, caratterizzato da uno scatto in avanti del ginocchio. Ad intervalli regolari fanno risuonare sa carriga, producendo nel silenzio un unico e intenso malinconico strepitio. A un certo punto, al segnale de s’Issocadore fanno tre salti in serie (sa dòpia).

Gli Issocadores si muovono con balzi più agili, sincronizzati con quelli dei Mamuthones; all’improvviso lanciano sa soca per catturare una persona fra gli spettatori. Il pegno per la liberazione sarà un bacio, se la persona catturata è una donna, o un bicchiere di vino, se invece si tratta di un uomo.

Il significato

Il Carnevale mamojadino conserva il suo fascino grazie al mistero che ancora lo avvolge. Ha origine nell’ambiente agro-pastorale pre-cristiano, forse come rito apotropaico per scacciare gli spiriti maligni da persone e animali.

La teoria più accreditata e affascinante parla di un rito propiziatorio dedicato a Dioniso, dio bambino che deve morire e resuscitare, come deve resuscitare la natura dopo la morte dell’inverno. Non si può qui non fare un parallelo con la tradizione cristiana della morte e resurrezione del dio vittima sacrificale che si immola per la redenzione dell’umanità.

La parola Mamuthone in genere indica un pazzo, un incapace. Viene dalla radice “Maimato” (il furioso, il violento) e da “Mainoles” con lo stesso significato. Questi sono alcuni dei nomi con cui viene identificato Dioniso. I Mamuthones sarebbero le vittime nelle quali il dio della natura s’incarna. Eseguono la danza sacra nel tentativo di passare dallo stato umano allo stato di folle divinizzato, avviandosi, come il loro dio, al sacrificio. Il rito era eseguito anche per implorare da Dioniso la pioggia, infatti molte sorgenti in Sardegna hanno il nome di “Maimone”.

Il rito dei Mamuthones e Issocadores conserva quindi il ricordo dei riti dionisiaci che il Cristianesimo screditò a mascherata.

Mamuthones (foto Lucia Cossu)

Mamuthones (foto Gabriele Zucca)

Per le foto si ringraziano:

Lucia Cossu

Gabriele Zucca

Le foto ed i diritti di autore sono e restano di proprietà degli autori.

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4 risposte

  1. 29 Ottobre 2013

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  2. 7 Agosto 2014

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  3. 3 Novembre 2016

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