Sa Sartìllia di Oristano

La giostra equestre di Oristano è l’ultima corsa all’anello della Sardegna e una delle poche che si corrono in Europa. E’ uno spettacolo teatrale, con il suo spazio scenico, i suoi attori e spettatori, il suo canovaccio, che ha come protagonisti i cavalli e i cavalieri e come contorno, tamburi, trombe, ghirlande e sonagli. Naturalmente questo spettacolo ha anche i suoi registi che sono gli organizzatori della festa: il gremio dei Contadini nella Sartiglia della domenica, e il gremio dei Falegnami nella Sartiglia di martedì dei Carnevale. Tutto ha inizio il 2 di febbraio, festa della Candelora, durante la quale vengono nominati i Cumponidoris delle rispettive Sartiglie. Su Cumponidori deciderà a quali cavalieri dare l’onore della spada per la discesa alla stella.

Storia

Le origini di questa festa sono sconosciute, ma è certo che nasce nel medioevo.Probabilmente questa giostra equestre si origina dai giochi di addestramento degli eserciti del regno d’Arborea, e in uso in tutta Europa per tramite dei Crociati intorno all’XI secolo, i quali appresero questa usanza dalle milizie Saracene. Questo tipo di gare arrivano in Sardegna per tramite della cultura iberica già dal XIII secolo. Oltre alla Sartiglia, sono molte le giostre equestri della stessa matrice in Sardegna, soprattutto nell’alto oristanese, cioè nell’Arborea storica.

E’ probabile che queste corse siano state introdotte dai re arborensi, educati nelle corti Catalano-Aragonesi, col quale avevano stretti legami familiari (Eleonora d’Arborea nacque a Molins del Rei presso Barcellona). La prima attestazione della giostra oristanese risale al 1358, e il nome può essere fatto risalire alla parola castigliana Sortija, che a sua volta deriva dal latino sorticola, col significato di anello, e che è grammaticalmente il diminutivo di sors, ovvero sorte, fortuna. Anche l’origine del re della corsa, cioè Su Cumponidori ha origini iberiche: deriverebbe infatti da Campeador, cioè il nobile cavaliere della tradizione epico cavalleresca del medio evo spagnolo.

Si coglie quindi già nel nome il significato della gara, cioè la corsa all’anello, il quale deve essere infilzato dalla spada o dallo stocco del cavaliere in corsa grazie alla sua abilità, ma anche grazie alla buona sorte.

La Sartiglia è quindi una manifestazione unica nel quale la tradizione medioevale si fonde con gli antichi riti agrari di propiziazione, nei quali si invocava dalle divinità della natura l’abbondanza del raccolto della primavera alle porte.

Col tempo la giostra subì diverse evoluzioni e sovrapposizioni. Durante il XVII secolo, dopo la scoperta della polvere da sparo, la lancia cadde in disuso, ma la Sartiglia si mantenne comunque viva come esercizio per la cavalleria, e poi come esibizione delle classi nobiliari, e quindi borghesi e coinvolgendo infine tutti gli strati sociali, diventando un vero e proprio rito dell’intera comunità.

La tradizione vuole che nel periodo immediatamente successivo alla fine della guerra tra regno di Arborea e Corona d’Aragona, con l’esito finale della vittoria di questi ultimi, nel periodo carnevalesco, la popolazione e i cavalieri davano sfogo al profondo odio che provavano per i dominatori e che proprio per porre un argine alle risse sempre più frequenti, il canonico oristanese Giovanni Dessì, nel 1543, delegò i gremi dei Contadini e dei Falegnami il compito di mandare avanti la Sartiglia, dandole un ruolo di sfida tra i cavalieri, nella quale il corpo a corpo era vietato, e di provvedere alla spesa per il ricco pranzo a loro riservato. E’ quindi a questo fatto che si fa risalire il passaggio della festa da giostra riservata alle milizie di alto rango al rito di propiziazione che oggi conosciamo, anche se la numerazione ufficiale viene fatta risalire al 1465.

I Personaggi:

Su Componidori: è il re della giostra. Tutte le attenzioni sono rivolte a lui, a partire dalla sua vestizione. Il suo abbigliamento, maschile e femminile allo stesso tempo, include elementi del vestiario di diverse epoche, evidenziando la sovrapposizione delle varie culture che hanno segnato la storia della città e della Sardegna. Indossa una camicia di lino seicentesca, con sbuffi legati da nastri del colore del gremio cui appartiene. Sopra la camicia su cojetu o colletuche è una casacca di pelle senza maniche. Sul viso una maschera androgina: di colore olivastro quella del gremio dei contadini, e terrea quella del gremio dei falegnami. Sul capo porta tre fazzoletti cuciti insieme e sa mantìllia , cioè un velo femminile ricamato. Un cinturone di pelle, pantaloni alla cavallerizza, stivali con speroni, un cappello cilindrico ottocentesco e una camelia rossa al petto, completano il travestimento.

Su Componidori è coadiuvato nello svolgersi della festa da su Sutacumponidori e su Tertzu, i quali indossano costumi tradizionali e una maschera bianca, così come gli altri cavalieri che partecipano alla giostra.

La vestizione de su Componidori

E’ il momento più suggestivo della manifestazione, durante la quale avviene la trasfigurazione de su Cumponidori da essere umano a essere divinizzato. Il capo della corsa, su una sedia posta su di un tavolo (sa mesita), è aiutato da sa Massaja Manna (rappresentata sempre dalla moglie del presidente del gremio) e da due ragazze in abito tradizionale oristanese chiamate isMassajeddas. Il suono dei tamburi annuncia la fine della vestizione: non c’è più l’uomo ma solo il semidio senza sesso. L’essere divino non può però mettere piede in terra: passerà dalla tavola al cavallo, da cui non scenderà fino alla fine della giostra, perché la sua sacralità si mantenga pura.

La rappresentazione

Terminata la vestizione, su Cumponidori esce dalla stanza sul cavallo in posizione supina. Appena oltre il recinto del cortile riassume la posizione eretta. Il presidente del gremios’OberajuMajori, gli dona sa Pipia de Maju (la bambina si maggio) che è lo scettro del re del carnevale costituito da un fascio di pervinca e due mazzi di viole. Su Cumponidori benedice la folla dei partecipanti a sa Sartiglia col suo scettro. Inizia il corteo, con in testa i membri del gremio che portano le spade, lo stocco e le stelle. Il presidente del gremio dona a su Cumponidori e a su Sutacumponidori due spade, quindi la giostra inizia con la discesa de su Cumponidoriche lancia il cavallo al galoppo cercando di infilzare la stella. Quindi concede la scena ad altri cavalieri. In caso di successo il cavaliere viene premiato con una stella d’argento. Più stelle sono infilzate più generoso sarà il raccolto. Alla fine della prova con la spada il presidente del gremio consegna a su Cumponidorilo stocco, strumento più impegnativo della spada. In caso di successo verrà premiato con una stella d’oro. La giostra termina con Sa Remada, cioè la benedizione fatta da su Cumponidori, su Segundu e su Tertzuin posizione sdraiata sui cavalli al galoppo. Iniziano quindi le spettacolariParìllias, cioè le corse di cavalieri in coppia o a gruppi di tre, che eseguono figure acrobatiche e spericolate.

Il significato

La festa rappresentava una sorta di interruzione delle norme etico sociali che regolavano la società nei tempi passati, come abbiamo visto nel racconto della tradizione. Però alcuni studiosi vedono nella Sartiglia anche molte analogie con i rituali di propiziazione dei carnevali sardi più antichi. Pare che al posto de sa pipia de maju, un tempo il capo corsa, tenesse in mano una pupattola (da cui pipia) di pervinca, chiamata Maimone (uno dei nomi del dio bambino Dioniso), il cui culto non doveva essere sconosciuto alla società agricola dell’oristanese. Inquesto senso sarebbe da leggere la divinità androgina de su Cumponidori e la simbologia della posizione supina e delritorno a quella eretta de sa Remada: indicherebbe la morte e la rinascita del dio. La tradizione vuole inoltre che il numero dei cavalieri che correvano sa Sartiglia fosse di dodici, come i Mamuthones di Mamojada. La corsa alla stella di importazione iberica quindi, si sovrapporrebbe agli ancestrali riti di propiziazione, dando vita a una manifestazione unica dal fascino misterioso e coinvolgente.

Sartiglia: tamburino (foto Lucia Cossu)

Per le foto si ringraziano:

Lucia Cossu

Le foto ed i diritti di autore sono e restano di proprietà degli autori.

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4 risposte

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